Manuale di sopravvivenza sul lavoro (con l’AI al tuo fianco)

L’intelligenza artificiale non è più riservata ai tecnici o alle grandi aziende. Oggi basta scrivere in chat per risparmiare tempo, prendere decisioni migliori e lavorare in modo più smart. In questo articolo vediamo cosa puoi fare concretamente con un bot AI (chatGPT, Gemini o altro), anche se Excel ti mette ansia e “prompt” ti suona come una malattia tropicale (se ti sei perso cosa è un prompt, leggi questo articolo).

1. Scrivere email professionali (senza l’ansia da foglio bianco)

Hai presente quando devi rispondere a un cliente in modo cortese, ma anche deciso, ma anche chiaro, ma anche professionale, e intanto ti si raffredda il caffè?
Con l’AI, puoi scrivere:
“Devo rispondere a questo cliente che chiede uno sconto, senza dire subito di no ma facendo capire che non è possibile. Il tono dev’essere fermo ma gentile.”
E in pochi secondi ti trovi davanti una bozza perfetta, già pronta per essere adattata al volo. Se non ti convince il tono, basta scrivere: “Falla un po’ più empatica”. O “più breve”. O “con un tocco di ironia”. Et voilà.

2. Creare contenuti per social e newsletter (anche quando hai il cervello in modalità aereo)

Ogni volta che ti metti davanti al calendario editoriale, succede una cosa strana: le idee si volatilizzano.
Con un bot AI puoi semplicemente dire:
“Scrivimi 3 idee di post per Instagram per una piccola libreria indipendente che vuole promuovere letture estive”.
Oppure: “Fammi un testo breve e ironico per una newsletter di uno studio di architettura”.
E sì, funzionano davvero. Non ti sostituisce, ma ti dà la spinta giusta per non partire da zero. E in certi giorni, è già tanto.

3. Riassumere testi lunghi (senza leggere tutto)

Ricevi un PDF di 14 pagine e pensi: “Lo leggo dopo”? Traduzione: “Mai”. Con l’AI puoi caricarlo (o incollarne il contenuto) e scrivere:
“Riassumimi i punti chiave di questo documento”
Oppure: “Spiegami cosa cambia per la mia azienda con questa nuova normativa”.
Funziona anche per email infinite, rapporti di progetto e perfino chat di gruppo aziendali (ma lì servirebbe anche un po’ di terapia).

4. Preparare presentazioni e scalette

Stai per presentare una nuova idea, ma non sai da dove iniziare? Scrivi:
“Fammi una scaletta per una presentazione di 10 minuti sulla sostenibilità in azienda, rivolta a clienti non tecnici”.
Oppure: “Suggeriscimi come strutturare un pitch per una nuova linea di prodotto”.
Può creare i titoli delle slide, darti le frasi chiave, suggerire esempi. Poi sta a te metterci la faccia – e magari anche il font giusto.

5. Analizzare dati da Excel (senza impazzire con il CERCA.VERT)

L’Excel non ti spaventa… ma solo se si limita a sommare colonne. Se ti trovi davanti un file con mille righe, filtri strani e sigle indecifrabili, puoi chiedere all’AI di aiutarti.
Basta scrivere:
“Ho questo file con le vendite degli ultimi 3 mesi: aiutami a capire quali sono i prodotti più venduti”
Oppure: “Analizza questo file e fammi un confronto tra i fatturati di aprile 2024 e aprile 2025”.
Oppure ancora: “Questo file Excel contiene l’andamento delle vendite negli ultimi 3 mesi. Creami una tabella e un grafico con il fatturato suddiviso per mese e per agente”
L’unica cosa che devi saper fare è allegare il file e spiegare con parole semplici cosa vuoi ottenere. Il resto lo fa lei. Senza sudore freddo e senza pianti davanti alla tastiera.

6. Generare testi ricorrenti (e smettere di riscrivere sempre le stesse cose)

Quante volte ti capita di riscrivere la stessa email? O la descrizione di un servizio? O il messaggio “Gentile cliente, le confermiamo…”?
Con l’AI puoi chiedere:
“Genera un modello di email di conferma appuntamento per uno studio dentistico”
Oppure: “Scrivimi una descrizione generica per un servizio di consulenza finanziaria, personalizzabile con i dettagli del cliente”.
Ti crea un testo-tipo, riutilizzabile, modificabile, e soprattutto… copiabile in due clic. Quello che serviva, ma senza aprire un file Word del 2018.

7. Creare domande per interviste o questionari

Devi intervistare un cliente per un caso studio? Raccogliere feedback con un sondaggio? Fare un questionario per nuovi assunti?
Chiedi:
“Fammi 10 domande per capire cosa pensa un cliente dopo un intervento di ristrutturazione”
Oppure: “Scrivimi 5 domande per un’intervista a un collaboratore sul clima aziendale”.
E avrai un punto di partenza solido. Che puoi usare così com’è, o modificare con due parole. Senza dover improvvisare sul momento con frasi tipo: “Ehm… com’è andata?”

8. Semplificare testi complessi (per clienti, colleghi, o zii confusi)

Hai un testo tecnico e vuoi renderlo comprensibile anche a chi non ha idea di cosa faccia un CRM?
Scrivi:
“Semplifica questo testo per un pubblico che non conosce termini informatici”
Oppure: “Spiegami questo paragrafo come se lo stessi raccontando a uno studente delle medie”.
Nessuna offesa per gli studenti delle medie, sia chiaro: semplicemente, sono l’unità di misura universale della chiarezza.
Tendi a essere prolisso e a scrivere lunghissime e-mail? Chiedi al bot AI: “Sintetizza il testo di questa e-mail”… soffrirai un po’ per il taglio dei tuoi bellissimi discorsi e ragionamenti, ma il destinatario te ne sarà grato!

9. Scrivere annunci di lavoro (che attirino le persone giuste)

Stai cercando una nuova risorsa ma non vuoi pubblicare il solito annuncio copia-incolla tipo “azienda leader nel settore cerca giovane dinamico”?
Prova con:
“Scrivimi un annuncio per un grafico junior, da pubblicare su LinkedIn, tono informale ma chiaro”
Oppure: “Fammi una descrizione del ruolo di addetto al customer care, con enfasi sulle soft skill”.
Il risultato? Annunci che suonano autentici, specifici e umani. E che magari attirano candidati che li leggono davvero.

10. Cambiare tono

Hai scritto una mail, un documento, una relazione ma non sei soddisfatto del tono usato?
Prova con un “Riscrivi questo documento aggiungendo un po’ di ironia” o “Riscrivi questa relazione usando un tono più formale” oppure indica direttamente i destinatari “Riscrivi questa documento con un tono adatto ad una presentazione da fare al responsabile marketing di una piccola azienda”.
Spoiler: e puoi anche chiederle di correggerti gli errori!

11. Bonus: Usare GPT per imparare a usare GPT

La cosa più bella è che puoi anche chiedere:
“Mi spieghi come posso usare meglio questa chat per il mio lavoro?”
Oppure: “Fammi un elenco delle cose che potrei chiederti, in base alla mia attività che è ……”.
È come avere una guida turistica dell’AI, sempre pronta, sempre paziente, e senza commissioni.

Cosa NON aspettarti dall’AI (almeno per ora)

Sì, è potente. Sì, è utile. Ma no, non fa miracoli. Ecco un paio di limiti da tenere a mente.
Non prende decisioni per te. Ti aiuta a ragionare, sintetizzare, chiarire. Ma la responsabilità finale è ancora tua (e va bene così).
Non è sempre aggiornata. Se stai cercando l’ultima modifica del codice degli appalti pubblici o la tendenza TikTok di ieri sera… forse è meglio usare Google.
E soprattutto: se le chiedi qualcosa di vago tipo “Fammi una strategia”, rischi di ricevere una risposta tipo “Sii più strategico”. Che, diciamolo, non aiuta molto.

Come iniziare senza complicarti la vita

Non serve iscriversi a un master. Basta scrivere in chat come faresti con un collega -e, semmai, leggere gli altri articoli di Altuofianco sull’intelligenza artificiale 😉
Parti da qualcosa di semplice. Una mail. Un post. Un riassunto. Qualcosa che fai tutti i giorni e che ti prende più tempo del dovuto.
Poi, se ti trovi bene, allarghi un po’ alla volta. Ti fai aiutare per un report, una presentazione, un testo da semplificare. Scoprirai che ti risponde anche il sabato sera (ma magari tu, il sabato sera, fai altro).

Se sai scrivere una domanda, sai già usare l’AI

Non c’è bisogno di sapere programmare, parlare inglese tecnico o capire cosa vuol dire “fine-tuning”.
Ti basta iniziare con una frase tipo: “Mi aiuti a…”
E vedere dove ti porta.
Non sarà perfetta, non sarà infallibile, ma l’AI può darti una spinta enorme. Soprattutto in quelle attività che ti consumano energia senza restituirti molta soddisfazione.
E ogni minuto risparmiato grazie all’AI è un minuto che puoi dedicare a qualcosa di più utile. O anche solo a una pausa. Con il caffè caldo, stavolta.

 

 

P.S. Se ti sei perso le puntate precedenti, puoi leggerle qui:
Cosa è davvero l’intelligenza artificiale e perchè tutti ne parlano
L’AI non ti ruba il lavoro: ti libera da quello noioso!
Prompt? L’ABC per iniziare a usare l’AI oggi stesso

Prompt? L’ABC per iniziare a usare l’AI oggi stesso

Hai finalmente deciso di provarci. Hai aperto ChatGPT, hai scritto la tua prima richiesta, hai premuto invio… e hai ricevuto un testo che, diciamolo, sembrava scritto da un robot dopo una giornata storta. Delusione, frustrazione, e un pensiero fastidioso: “Tutto qui?”.

Spoiler: il problema non è ChatGPT. Il problema è che nessuno ti ha spiegato come parlarci. Perché sì, anche le intelligenze artificiali hanno bisogno di una certa educazione. O meglio, di un buon prompt.

Ecco quindi l’articolo che avresti voluto leggere prima: niente teorie astratte, nessuna paura apocalittica. Solo istruzioni semplici e chiare per iniziare a usare l’AI oggi stesso, con risultati davvero utili. Pronti? Prompti? Via!

Cos’è un prompt (senza paroloni)

Partiamo dall’inizio. Un prompt non è un codice segreto, né una formula magica da nerd. È semplicemente la richiesta che scrivi all’AI per ottenere qualcosa. Una domanda, un’istruzione, un ordine gentile. L’importante è che sia chiara.

Immagina di dare un compito a un collega molto bravo, velocissimo, ma un po’ letterale. Se gli dici “Fammi un report”, lui lo fa. Ma che tipo di report? Su cosa? Per chi? In quanto tempo? E in che lingua, già che ci siamo?

Con ChatGPT funziona allo stesso modo: se chiedi male, ti risponde peggio. Se chiedi bene, può stupirti.

Le 3 regole d’oro per scrivere un buon prompt

Niente teoria, passiamo subito al succo. Se vuoi ottenere qualcosa di utile di bot AI (chatGPT, Gemini, ecc.), segui queste tre regole:
1. Dai contesto.
Chi sei? Di cosa stai parlando? A chi è destinato il testo? Se scrivi “Scrivimi una presentazione”, l’AI potrebbe pensare che tu sia un mago medievale che deve presentarsi a corte.
Del resto, se chiedi un breve racconto a un bambino delle elementari, a un liceale, a uno scrittore o a un giornalista otterrai risultati molto diversi…. Cosa vuoi che l’AI sia per te? Se non glielo dici, andrà a caso e il risultato non sarà quello che volevi!
2. Sii specifico.
Dove possibile, indica lunghezza, tono, formato, obiettivo. “Sei un social media manager. Scrivimi un post LinkedIn di massimo 600 caratteri, tono professionale ma non rigido, per promuovere un nuovo servizio di consulenza per PMI.”
3. Spiega cosa ti aspetti.
Una lista? Un testo discorsivo? Una tabella? Un riassunto schematico? Se non glielo dici, se lo inventa. E spesso male.

Quando usi un bot AI il tuo mantra dovrebbe essere: contesto, obiettivo, risultato atteso.

Esempi pratici: confronto tra prompt vaghi e precisi

Vediamo la differenza tra un prompt “a caso” e uno ben costruito.

❌ Vago:
Scrivimi un testo per la homepage.

✅ Efficace:
Scrivimi un’introduzione per la homepage di un’azienda che vende infissi e serramenti a Verona. Il tono deve essere professionale ma accogliente. Il testo deve avere massimo 100 parole e deve mettere in evidenza affidabilità, qualità dei materiali e assistenza post-vendita.

Risultato? Con il primo, ottieni frasi generiche come “Benvenuto sul nostro sito”. Con il secondo, ottieni un messaggio che potresti quasi incollare nel sito. Quasi.

5 prompt pronti all’uso (con spiegazione)

Hai bisogno di un punto di partenza? Ecco cinque prompt che funzionano bene, già testati sul campo:

1. Riassumi questo testo in 5 punti chiave.
Perfetto per verbali, mail lunghe, documenti confusi. Ti restituisce l’essenziale in pochi secondi.

2. Riscrivi questa email in modo più cortese e professionale.
Ideale quando hai scritto di getto e ti è venuto fuori un “cordiali schiaffi”.

3. Genera un piano editoriale di 3 post al mese per Instagram, per un salone di parrucchieri specializzato in trattamenti naturali.
Qui dai contesto, canale, frequenza, settore e focus. Magia.

4. Trasforma questo testo promozionale in una proposta commerciale sintetica ma persuasiva.
Ottimo per passare da marketing a vendite, senza perdere stile.

5. Proponimi 3 titoli accattivanti per un articolo di blog su questo argomento: [tema].
Per quando hai il blocco creativo, ma non puoi permettertelo.

Prompt avanzati: quando vuoi che l’AI lavori davvero per te

Se ti senti già a tuo agio, puoi iniziare a usare prompt più articolati. Tipo questi:

Assumi il ruolo di consulente HR e scrivi una job description per una posizione da digital marketing specialist junior. Tono diretto, linguaggio inclusivo.”
Stai dicendo chi deve parlare, come, su cosa. L’AI entra in modalità esperta.

Analizza questo testo e trasformalo in una checklist in 10 punti, con linguaggio semplice.
Utile per documenti tecnici, policy interne, slide noiose.

Crea una tabella con 3 opzioni di naming per un nuovo servizio, indicando pro e contro per ciascun nome.
E ora l’AI pensa, valuta e struttura. Tipo un junior strategist, ma a tempo zero.

Analizza questi 10 file pdf che contengono ognuno una fattura. Crea una tabella con data, numero fattura, imponibile, iva e importo totale
L’AI fa il lavoro sporco per te!

Errori comuni (e come evitarli)

Se l’AI ti risponde male, spesso il colpevole è il prompt. Ecco gli errori classici:

1. Scrivere troppo poco.
“Fammi un post.” Su cosa? Per chi? Quanto lungo? In che stile?

2. Scrivere troppo, ma senza focus.
“Voglio un testo per il sito, che parli un po’ di tutto, tipo mission, valori, ma anche prodotti e magari chi siamo.” Aiuto.

3. Aspettarsi la perfezione al primo colpo.
ChatGPT non è il tuo copy senior. È più un ottimo punto di partenza che va raffinato. Sempre.

Come imparare (anche senza fare corsi)

La buona notizia? Si imparar a scrivere buoni prompt facendo prove, semmai con qualche tentativo e un po’ di spirito da esploratore. Non servono master o webinar. Serve curiosità, pratica e un po’ di sano spirito critico.

Prova questo metodo:

  1. Scrivi un prompt base (tipo: “Scrivi un’introduzione per il mio sito”).
  2. Leggi il risultato
  3. Capisci cosa manca: tono? Lunghezza? Stile? Contesto?
  4. Migliora il prompt e riprova
  5. Salva i prompt che funzionano. Riutilizzali. Perfezionali.

In poco tempo avrai una libreria personale di prompt, utile per ogni occasione. Come le ricette collaudate: sai già che vengono bene.

E non dimenticarti… l’AI puoi aiutarti a scrivere buoni prompt. Prova a chiedere “Sei specializzato nella scrittura di prompt efficaci che raggiungono l’obiettivo. Scrivi un prompt per…..”

Conclusione: il prompt è la vera nuova competenza

Non serve saper programmare, non serve conoscere Python o reti neurali. Serve saper porre una buona domanda. Un prompt ben scritto vale più di cento “vediamo che succede”.

Chi impara a usare bene l’AI oggi sarà più veloce, più competitivo, più pronto per i lavori di domani. O anche solo per quelli di lunedì mattina.

Il bello è che puoi cominciare ora. Apri ChatGPT e prova uno dei prompt che hai letto qui. Fallo tuo, adattalo, miglioralo.

Non serve sapere tutto. Serve iniziare. E magari chiedere:
“ChatGPT, puoi aiutarmi a usare meglio ChatGPT?”
Vedrai che ti risponde.

P.S. Se ti sei perso le puntate precedenti, puoi leggerle qui:
Cosa è davvero l’intelligenza artificiale e perchè tutti ne parlano
L’AI non ti ruba il lavoro: ti libera da quello noioso!

L’AI non ti ruba il lavoro: ti libera da quello noioso!

Se sei tra quelli che ogni giorno leggono un nuovo titolo sull’Intelligenza Artificiale e pensano “Ecco, ci siamo, anche oggi rischio il licenziamento”, rilassati. Respira. E prendi una tazza di caffè (magari ancora versata da un essere umano). Questo articolo non è l’ennesima profezia apocalittica sul futuro del lavoro. Anzi: è una dichiarazione d’amore per tutto ciò che nel tuo lavoro non ti fa venire voglia di lanciare il computer dalla finestra.

Sì, l’AI è ovunque. E no, non è venuta a rubarti il mestiere. È venuta a renderti le giornate meno monotone. Un po’ come quel collega che si prende carico delle riunioni più inutili o delle scartoffie che nessuno vuole compilare. Solo che lo fa gratis. E non ha bisogno della pausa pranzo.

Perché tutti hanno paura che l’AI rubi il lavoro?

Perché ogni rivoluzione tecnologica porta con sé un misto di entusiasmo e panico. È successo con il telaio meccanico, con l’elettricità, con l’automobile, con il computer… e ora con l’intelligenza artificiale. Il fatto è che, nel dubbio, tendiamo a pensare al peggio. Come quando il dentista prende la pinza e noi ci convinciamo che sta per toglierci tutti i denti. In realtà, forse deve solo darci una pulitina.

La domanda non è “L’AI mi ruberà il lavoro?”. La vera domanda è: “Che tipo di lavoro mi può rubare?”. E qui la risposta cambia tutto.

Una distinzione necessaria

Ci sono lavori che ci fanno sentire vivi, sfidati, coinvolti. E poi ci sono quelli che, be’, ci fanno venire voglia di fuggire in campagna a coltivare lavanda. I primi richiedono empatia, creatività, capacità di adattamento. I secondi, invece, sono un mix di copia-incolla, clic ripetitivi e scadenze insensate.

L’AI è bravissima con i secondi. È il suo pane. È nata proprio per occuparsi delle attività che richiedono fatica ma non intelligenza. O meglio: non la nostra. E se riesci a delegare il noioso, rimane più tempo per il resto.

Non è un’invasione. È un’assunzione mirata. Sta arrivando l’assistente che non ti ruba la scena, ma ti fa risparmiare ore su ciò che non vorresti nemmeno vedere.

Cosa può fare davvero l’AI? Alcuni esempi molto concreti

Immagina di avere qualcuno che risponde al posto tuo a tutte quelle email in cui ti chiedono di nuovo dove si trova quel benedetto file. Oppure che trascrive una call di un’ora in tre minuti, senza sbuffare.

L’AI è già bravissima in questi compiti:

  • Rispondere a email sempre uguali;
  • Riassumere verbali, trascrivere call, generare report;
  • Trovare informazioni in documenti, file e archivi;
  • Inserire dati, gestire file, aggiornare tabelle;
  • Generare bozze di testi o presentazioni.

Ma allora chi rischia davvero il posto?

Chi si limita a fare queste attività, e basta. Chi non aggiunge nulla oltre a ciò che è già automatizzabile. Se il tuo lavoro consiste al 90% nell’inserire dati in un sistema, potresti iniziare a guardarti intorno. Ma non perché sei inutile: perché puoi fare di meglio. Davvero.

Il vero rischio non è che l’AI ti sostituisca. È che tu resti fermo mentre il mondo va avanti. E il mondo, lo possiamo dire con una certa sicurezza, ha già preso il treno dell’intelligenza artificiale.

L’AI non è una gomma che cancella le professioni: è una lente che le trasforma. Aumenta la velocità, riduce gli errori, migliora l’efficienza. Non fa tutto da sola, ma ti permette di concentrarti su quello che conta.

Le aziende che la usano bene non tagliano personale: lo potenziano. Come? Lasciando che le persone si occupino delle decisioni, non dei dati. Delle idee, non delle formattazioni. Delle relazioni, non dei moduli.

Il fattore umano è ancora fondamentale (e lo sarà sempre)

Ci sono cose che, ancora oggi, l’AI semplicemente non sa fare (e, probabilmente, non saprà fare ancora per molto tempo). Non sa entrare in empatia con un cliente arrabbiato. Non sa cogliere le sfumature di una trattativa. Non ha intuito. Non ha visione strategica. Non si sveglia di notte con un’idea geniale…

La vera forza sta nella collaborazione: l’umano che guida, l’AI che supporta. Un po’ come il navigatore che ti dice dove andare, ma poi sei tu a decidere se fermarti per un gelato.

Una nuova competenza chiave: saper usare l’AI

Nel mondo che cambia, non serve diventare programmatori o esperti di machine learning. Serve saper usare bene gli strumenti. Scrivere prompt chiari. Valutare i risultati con spirito critico. Sapere quando fidarsi e quando intervenire.

Chi sviluppa questa competenza diventa più veloce, più preciso, più competitivo. È come imparare a usare Excel negli anni 2000: all’inizio sembra una roba da nerd, poi ti accorgi che senza sei indietro. E… spoiler: nel prossimo articolo parleremo proprio di come scrivere prompt efficaci!

Obiezioni comuni (e risposte ironiche ma fondate)

“Ma io non sono un tecnico.”
Nemmeno l’AI. Non ha una laurea in ingegneria. Sa solo quello che tu le chiedi di sapere. Se impari a farle le domande giuste, fa miracoli. Anche se non sai programmare nemmeno un tostapane.

“Ma poi bisogna sempre correggere.”
Certo; come ogni bravo stagista. L’AI fa il grosso, tu rifinisci. Ma intanto hai risparmiato tempo. E non ti ha chiesto neanche un buono pasto.

“Ma non è creativa.”
Dipende. Se le dai input banali, ti restituisce banalità. Se impari a stimolarla, può sorprenderti. È come un compagno di brainstorming che non si stanca mai.

Conclusione: smetti di temere l’AI, inizia a delegarle il peggio

Il cambiamento fa paura, lo sappiamo. Ma fa anche spazio. Spazio per fare meglio, per fare diversamente, per fare di più.

L’AI non ti sostituisce. Ti completa. Ti alleggerisce. Ti restituisce tempo e testa.

E se davvero pensi che il tuo lavoro sia tutto lì, nelle scartoffie, nelle email copia-incolla e nelle tabelle da aggiornare… allora sì, potresti essere in pericolo. Ma non per colpa dell’AI. Perché meriti di più.

Inizia a usarla. Non per diventare meno umano, ma per diventare un umano con più tempo per le cose che contano. L’AI non ti ruba il lavoro: ti lascia quello bello.

Tra visioni apocalittiche e magnifiche sorti e progressive

Viviamo in un mondo in continua evoluzione: innovazione tecnologica, globalizzazione, nuovi materiali e processi produttivi, nuove invenzioni cambiano la società e, con essa, il lavoro.

Nell’ultimo secolo sono scomparse (o diventate marginali) decine di professioni: dal maniscalco al costruttore di calessi, dall’addetto all’aratro agli stenografi, per non parlare di amanuensi, tessitori, barrocciai; prodotti un tempo diffusissimi sono scomparsi -e con essi intere aziende e filiere produttive: basti pensare al fax e ai vecchi cellulari; settori floridi sono diventati di nicchia perchè soppiantati da strumenti digitali (le agenzie di viaggio in primis).

Il cambiamento dei lavori, delle professioni e dei processi produttivi è in atto (e da secoli): a volte non ce ne accorgiamo (o facciamo finta di non accorgercene) perchè non siamo direttamente coinvolti, ma riguarda milioni di persone, ogni giorno.

L’AI è destinata ad avere, in questo processo, un impatto a ampio raggio in virtù della sua versatilità: può essere usata per molteplici attività in molteplici settori e quindi avrà conseguenze di grande portata.

Magnificare l’AI come panacea di tutti i mali è ovviamente ingenuo; altrettanto ingenuo è limitarsi a paventare apocalissi.

Non si tratta di capire se l’AI cambierà il mondo del lavoro (spoiler: lo sta già facendo) né se delle professioni scompariranno (spoiler: alcune già sono scomparse). Si tratta di capire se il costruttore di carrozze diventerà un carrozziere.

Abbiamo una scelta, e non è poco: possiamo decide se imparare a governare l’AI o se subirla.

 

P.S. Se ti sei perso la puntata precedente, puoi leggerla qui: Cosa è davvero l’intelligenza artificiale e perchè tutti ne parlano

Cos’è davvero l’Intelligenza Artificiale (e perché tutti ne parlano)

Da un po’ di tempo, l’intelligenza artificiale è diventata il nuovo argomento di conversazione preferito da chiunque abbia una connessione internet. Che si tratti di colleghi, giornalisti, imprenditori, amici o cuggini “esperti di tecnologia” (quelli che hanno letto due articoli e ora spiegano al bar cos’è un LLM), l’AI è ovunque. C’è chi ne parla con entusiasmo, chi con timore, chi pensa che ruberà il lavoro a tutti, e chi spera che almeno risponda alle mail al posto nostro. Ma da dove arriva tutto questo clamore? E perché oggi, più che mai, l’AI è sulla bocca di tutti?

La risposta è sorprendentemente semplice: per la prima volta, strumenti basati sull’intelligenza artificiale sono davvero alla portata di tutti. Non più roba da scienziati con camici bianchi e server da milioni di euro. Con l’arrivo di applicazioni come ChatGPT, chiunque può chiedere a un algoritmo di scrivere un testo, tradurre un documento, suggerire un titolo per un post social o generare l’idea perfetta per una cena romantica (con o senza intelligenza, artificiale o meno). È la democratizzazione dell’AI: una tecnologia che fino a pochi anni fa era dominio esclusivo di giganti tecnologici, oggi è accessibile da parte di chiunque abbia uno smartphone e un pizzico di curiosità.

Per capire davvero cos’è questa famosa AI, come funziona, e soprattutto perché ci riguarda, facciamo un piccolo viaggio. Promesso: niente formule matematiche e nessun bisogno di sapere cosa sono i tensori.

Una breve storia dell’Intelligenza Artificiale: 10 tappe per orientarsi (senza sbadigliare)

No, l’AI non è nata insieme a ChatGPT, e neppure con Terminator. La sua storia è più lunga di quanto si pensi, e un po’ meno hollywoodiana. Ecco dieci momenti chiave, raccontati senza addormentarsi alla terza riga.

  • 1950 – Alan Turing si fa una domanda scomoda
    Il geniale matematico britannico, nel saggio Computing Machinery and Intelligence, si chiede: “Le macchine possono pensare?”. E no, non stava parlando del tostapane. Nasce l’idea moderna di intelligenza artificiale.
  • 1956 – Un nome altisonante
    A una conferenza universitaria  a Dartmouth, negli Stati Uniti, viene ufficialmente coniato da John McCarthy il termine “Intelligenza Artificiale”.
  • Anni ‘60 – I primi esperimenti (con molto entusiasmo e pochi risultati)
    I ricercatori creano i primi programmi in grado di risolvere problemi e giocare a scacchi. Peccato che i computer fossero lenti come una tartaruga con i reumatismi (e le aspettative troppo alte).
  • Anni ‘70 – Il primo grande raffreddamento
    Dopo l’entusiasmo iniziale, arriva l’AI winter: pochi risultati, molti dubbi, budget tagliati. Sì, anche l’AI ha avuto il suo momento di crisi esistenziale.
  • Anni ‘80 – I “sistemi esperti” fanno i primi passi seri
    Si sviluppano i primi software esperti che sembrano sapere tutto di tutto (o quasi), in campi specifici come la medicina o la finanza. Sono gli zii un po’ pedanti degli attuali chatbot.
  • Anni ‘90 – Deep Blue batte Kasparov
    Un supercomputer sconfigge il campione mondiale di scacchi. È un momento simbolico: le macchine iniziano a superare gli umani in compiti molto complessi.
  • Anni 2000 – L’AI entra in casa dalla porta di servizio
    Google, traduttori automatici, pubblicità online che leggono nel pensiero. L’AI c’è, ma non si vede: è come quel coinquilino che non esce mai dalla stanza, ma si fa sentire.
  • 2012 – La svolta del deep learning
    Un nuovo approccio all’apprendimento automatico, basato su reti neurali profonde, porta grandi progressi nella visione artificiale, nel riconoscimento vocale e nella generazione di testi.
  • 2022 – ChatGPT entra in scena e tutti impazziscono
    OpenAI lancia ChatGPT, un modello capace di parlare (quasi) come una persona. Milioni di utenti cominciano a interrogarlo per ogni cosa: compiti, poesie, battute, consulenze matrimoniali.
  • Oggi – L’AI è dappertutto. Anche dove non te lo aspetti
    Dalla scuola alla sanità, dal marketing al magazzino. Se c’è un compito da automatizzare, l’AI ci prova. E spesso ci riesce.

Ok, ma che cos’è davvero l’AI?

L’intelligenza artificiale non è una coscienza robotica né un cervello digitale che sogna pecore elettriche. È molto più noiosamente utile. In parole povere, è un insieme di tecniche che permettono alle macchine di fare cose “intelligenti”, cioè simili a quelle che farebbe un essere umano: riconoscere un volto, capire un testo, suggerire una canzone, calcolare il percorso più veloce per arrivare in pizzeria.

L’AI non è programmata con tutte le risposte. Impara da esempi. È un po’ come un bambino molto diligente che, dopo aver letto milioni di pagine, comincia a intuire quali parole si usano in certi contesti, o come comportarsi in certe situazioni.

Non sa “pensare” come noi, ma sa riconoscere schemi e fare previsioni. Se riceve abbastanza dati, può diventare bravissima a fare ciò che fa. Se invece i dati sono scarsi o mal strutturati, fa pasticci come tutti gli apprendisti.

I LLM: quando l’AI si mette a parlare (e lo fa meglio del tuo collega)

Tra tutte le innovazioni recenti, i LLM – i modelli linguistici di grandi dimensioni – sono quelli che hanno fatto più rumore. ChatGPT, per esempio, è uno di questi. Ma non è l’unico: ne esistono molti, sviluppati da aziende come Google, Meta e altri.

Come funzionano? Pensali come enormi pappagalli con memoria enciclopedica. Sono stati addestrati leggendo milioni (anzi, miliardi) di parole: articoli, libri, dialoghi, pagine web. Il risultato è che, quando scriviamo una frase o facciamo una domanda, il modello cerca di “prevedere” qual è la risposta più probabile. Ma lo fa con una tale velocità e raffinatezza da sembrare umano.

Questi modelli non capiscono davvero cosa stiamo dicendo. Ma sono bravissimi a simulare comprensione. È come quando sorridi e annuisci in una conversazione complicata: magari non hai capito tutto, ma sembri molto competente.

Per creare un LLM servono tre cose: un’enorme quantità di dati (più libri di quanti ne potresti leggere in dieci vite), una potenza di calcolo spaventosa e algoritmi sofisticati. Il risultato? Un assistente virtuale che può scrivere poesie, creare codice, riassumere documenti legali e – se glielo chiedi – raccontarti una barzelletta.

Ma allora l’AI è già qui? (spoiler 1: sì, e la usi tutti i giorni)

L’intelligenza artificiale non è dietro l’angolo. È sul tuo telefono, nel tuo computer, nel frigorifero smart che ti avvisa quando finisce il latte. Se pensi di non usarla, forse non te ne sei accorto.

Quando dici “Ok Google” o “Hey Siri”, stai parlando con un’AI. Quando Netflix ti consiglia un film che effettivamente ti piace, non è magia: è un algoritmo. Quando la tua casella di posta filtra le email pubblicitarie (tranne quella del tuo parrucchiere, chissà perché), è ancora lei.

Anche gli scatti migliorati automaticamente dal cellulare, le traduzioni automatiche, i filtri di Instagram che ti fanno sembrare sveglio alle 7 del mattino: tutto merito dell’AI. Non è solo nel futuro. È già nel presente.

L’intelligenza artificiale nel lavoro quotidiano (spoiler 2: non serve essere Elon Musk)

Forse pensi che l’AI sia una roba da grandi aziende, centri di ricerca e Silicon Valley. Ma la verità è che sempre più piccole imprese la stanno già usando. E no, non per costruire robot. Per cose molto più concrete.

Un negozio di quartiere può usare l’AI per analizzare le recensioni dei clienti. Un’agenzia immobiliare può scrivere le descrizioni degli annunci in automatico. Un ristorante può generare menù settimanali in base alle tendenze. Una PMI che vende online può avere suggerimenti sui post da pubblicare sui social. E una parrucchiera può avere un assistente virtuale che risponde alle domande più comuni su orari, prezzi e servizi.

In pratica: se hai un’attività, puoi usare l’AI per risparmiare tempo, migliorare la comunicazione e fare cose che prima sembravano fuori portata. Non ti sostituisce. Ti affianca. Un po’ come un collaboratore silenzioso, ma molto veloce e senza pause caffè.

Conclusione (ovvero: perché dovresti restare curioso)

L’intelligenza artificiale non è un’entità misteriosa venuta dal futuro. È uno strumento – potente, certo – ma pur sempre uno strumento. E come tutti gli strumenti, il suo impatto dipende da come lo usiamo.

Non serve essere esperti. Basta essere curiosi. Inizia a esplorare: prova una delle tante app disponibili, leggi qualcosa in più sull’argomento, o anche solo chiedi a ChatGPT o Gemini di spiegarti una ricetta o aiutarti con un testo.

Capire cos’è davvero l’intelligenza artificiale è il primo passo per usarla bene. E magari per scoprire che, dietro le sigle e le notizie allarmistiche, c’è anche un mondo interessante, utile e – perché no – divertente.

E poi vuoi mettere la soddisfazione di spiegare al tuo amico al bar che sì, l’AI la usi anche tu?

Dimenticavo…

Ah, quasi dimenticavo: questo articolo che hai appena letto è stato scritto dall’intelligenza artificiale. Già, proprio lei! Nessun redattore chiuso in soffitta con una tazza di caffè e il blocco dello scrittore.

Ma… calma: non è che l’AI si sia svegliata stamattina dicendo: “Oggi voglio illuminare l’umanità sulla mia stessa esistenza.” No. Qualcuno (un umano in carne, ossa e Wi-Fi) ha avuto l’idea, ha deciso il titolo, ha scelto cosa raccontare e – soprattutto – ha dato istruzioni precise. Non è bastato un click magico: ci sono voluti diversi prompt, aggiustamenti, richieste mirate. Come quando spieghi a un collega cosa deve fare, solo che questo collega scrive a 300 parole al minuto e non si offende se gli dici che il paragrafo fa schifo.

Il risultato? Un articolo che sarebbe costato ore di lavoro, ottenuto in molto meno tempo. Senza sacrificare chiarezza, contenuto e – speriamo – anche un po’ di stile. Ed è proprio questo il punto: l’AI non ruba il mestiere, ma dà una mano. Non sostituisce la creatività, la guida; la potenzia. È un assistente instancabile, preciso, collaborativo. E se usato con intelligenza (umana), può diventare il miglior collega che tu abbia mai avuto.

Tranne forse per il fatto che non offre mai il caffè.