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Cos’è davvero l’Intelligenza Artificiale (e perché tutti ne parlano)

10/07/2025

Da un po’ di tempo, l’intelligenza artificiale è diventata il nuovo argomento di conversazione preferito da chiunque abbia una connessione internet. Che si tratti di colleghi, giornalisti, imprenditori, amici o cuggini “esperti di tecnologia” (quelli che hanno letto due articoli e ora spiegano al bar cos’è un LLM), l’AI è ovunque. C’è chi ne parla con entusiasmo, chi con timore, chi pensa che ruberà il lavoro a tutti, e chi spera che almeno risponda alle mail al posto nostro. Ma da dove arriva tutto questo clamore? E perché oggi, più che mai, l’AI è sulla bocca di tutti?

La risposta è sorprendentemente semplice: per la prima volta, strumenti basati sull’intelligenza artificiale sono davvero alla portata di tutti. Non più roba da scienziati con camici bianchi e server da milioni di euro. Con l’arrivo di applicazioni come ChatGPT, chiunque può chiedere a un algoritmo di scrivere un testo, tradurre un documento, suggerire un titolo per un post social o generare l’idea perfetta per una cena romantica (con o senza intelligenza, artificiale o meno). È la democratizzazione dell’AI: una tecnologia che fino a pochi anni fa era dominio esclusivo di giganti tecnologici, oggi è accessibile da parte di chiunque abbia uno smartphone e un pizzico di curiosità.

Per capire davvero cos’è questa famosa AI, come funziona, e soprattutto perché ci riguarda, facciamo un piccolo viaggio. Promesso: niente formule matematiche e nessun bisogno di sapere cosa sono i tensori.

Una breve storia dell’Intelligenza Artificiale: 10 tappe per orientarsi (senza sbadigliare)

No, l’AI non è nata insieme a ChatGPT, e neppure con Terminator. La sua storia è più lunga di quanto si pensi, e un po’ meno hollywoodiana. Ecco dieci momenti chiave, raccontati senza addormentarsi alla terza riga.

  • 1950 – Alan Turing si fa una domanda scomoda
    Il geniale matematico britannico, nel saggio Computing Machinery and Intelligence, si chiede: “Le macchine possono pensare?”. E no, non stava parlando del tostapane. Nasce l’idea moderna di intelligenza artificiale.
  • 1956 – Un nome altisonante
    A una conferenza universitaria  a Dartmouth, negli Stati Uniti, viene ufficialmente coniato da John McCarthy il termine “Intelligenza Artificiale”.
  • Anni ‘60 – I primi esperimenti (con molto entusiasmo e pochi risultati)
    I ricercatori creano i primi programmi in grado di risolvere problemi e giocare a scacchi. Peccato che i computer fossero lenti come una tartaruga con i reumatismi (e le aspettative troppo alte).
  • Anni ‘70 – Il primo grande raffreddamento
    Dopo l’entusiasmo iniziale, arriva l’AI winter: pochi risultati, molti dubbi, budget tagliati. Sì, anche l’AI ha avuto il suo momento di crisi esistenziale.
  • Anni ‘80 – I “sistemi esperti” fanno i primi passi seri
    Si sviluppano i primi software esperti che sembrano sapere tutto di tutto (o quasi), in campi specifici come la medicina o la finanza. Sono gli zii un po’ pedanti degli attuali chatbot.
  • Anni ‘90 – Deep Blue batte Kasparov
    Un supercomputer sconfigge il campione mondiale di scacchi. È un momento simbolico: le macchine iniziano a superare gli umani in compiti molto complessi.
  • Anni 2000 – L’AI entra in casa dalla porta di servizio
    Google, traduttori automatici, pubblicità online che leggono nel pensiero. L’AI c’è, ma non si vede: è come quel coinquilino che non esce mai dalla stanza, ma si fa sentire.
  • 2012 – La svolta del deep learning
    Un nuovo approccio all’apprendimento automatico, basato su reti neurali profonde, porta grandi progressi nella visione artificiale, nel riconoscimento vocale e nella generazione di testi.
  • 2022 – ChatGPT entra in scena e tutti impazziscono
    OpenAI lancia ChatGPT, un modello capace di parlare (quasi) come una persona. Milioni di utenti cominciano a interrogarlo per ogni cosa: compiti, poesie, battute, consulenze matrimoniali.
  • Oggi – L’AI è dappertutto. Anche dove non te lo aspetti
    Dalla scuola alla sanità, dal marketing al magazzino. Se c’è un compito da automatizzare, l’AI ci prova. E spesso ci riesce.

Ok, ma che cos’è davvero l’AI?

L’intelligenza artificiale non è una coscienza robotica né un cervello digitale che sogna pecore elettriche. È molto più noiosamente utile. In parole povere, è un insieme di tecniche che permettono alle macchine di fare cose “intelligenti”, cioè simili a quelle che farebbe un essere umano: riconoscere un volto, capire un testo, suggerire una canzone, calcolare il percorso più veloce per arrivare in pizzeria.

L’AI non è programmata con tutte le risposte. Impara da esempi. È un po’ come un bambino molto diligente che, dopo aver letto milioni di pagine, comincia a intuire quali parole si usano in certi contesti, o come comportarsi in certe situazioni.

Non sa “pensare” come noi, ma sa riconoscere schemi e fare previsioni. Se riceve abbastanza dati, può diventare bravissima a fare ciò che fa. Se invece i dati sono scarsi o mal strutturati, fa pasticci come tutti gli apprendisti.

I LLM: quando l’AI si mette a parlare (e lo fa meglio del tuo collega)

Tra tutte le innovazioni recenti, i LLM – i modelli linguistici di grandi dimensioni – sono quelli che hanno fatto più rumore. ChatGPT, per esempio, è uno di questi. Ma non è l’unico: ne esistono molti, sviluppati da aziende come Google, Meta e altri.

Come funzionano? Pensali come enormi pappagalli con memoria enciclopedica. Sono stati addestrati leggendo milioni (anzi, miliardi) di parole: articoli, libri, dialoghi, pagine web. Il risultato è che, quando scriviamo una frase o facciamo una domanda, il modello cerca di “prevedere” qual è la risposta più probabile. Ma lo fa con una tale velocità e raffinatezza da sembrare umano.

Questi modelli non capiscono davvero cosa stiamo dicendo. Ma sono bravissimi a simulare comprensione. È come quando sorridi e annuisci in una conversazione complicata: magari non hai capito tutto, ma sembri molto competente.

Per creare un LLM servono tre cose: un’enorme quantità di dati (più libri di quanti ne potresti leggere in dieci vite), una potenza di calcolo spaventosa e algoritmi sofisticati. Il risultato? Un assistente virtuale che può scrivere poesie, creare codice, riassumere documenti legali e – se glielo chiedi – raccontarti una barzelletta.

Ma allora l’AI è già qui? (spoiler 1: sì, e la usi tutti i giorni)

L’intelligenza artificiale non è dietro l’angolo. È sul tuo telefono, nel tuo computer, nel frigorifero smart che ti avvisa quando finisce il latte. Se pensi di non usarla, forse non te ne sei accorto.

Quando dici “Ok Google” o “Hey Siri”, stai parlando con un’AI. Quando Netflix ti consiglia un film che effettivamente ti piace, non è magia: è un algoritmo. Quando la tua casella di posta filtra le email pubblicitarie (tranne quella del tuo parrucchiere, chissà perché), è ancora lei.

Anche gli scatti migliorati automaticamente dal cellulare, le traduzioni automatiche, i filtri di Instagram che ti fanno sembrare sveglio alle 7 del mattino: tutto merito dell’AI. Non è solo nel futuro. È già nel presente.

L’intelligenza artificiale nel lavoro quotidiano (spoiler 2: non serve essere Elon Musk)

Forse pensi che l’AI sia una roba da grandi aziende, centri di ricerca e Silicon Valley. Ma la verità è che sempre più piccole imprese la stanno già usando. E no, non per costruire robot. Per cose molto più concrete.

Un negozio di quartiere può usare l’AI per analizzare le recensioni dei clienti. Un’agenzia immobiliare può scrivere le descrizioni degli annunci in automatico. Un ristorante può generare menù settimanali in base alle tendenze. Una PMI che vende online può avere suggerimenti sui post da pubblicare sui social. E una parrucchiera può avere un assistente virtuale che risponde alle domande più comuni su orari, prezzi e servizi.

In pratica: se hai un’attività, puoi usare l’AI per risparmiare tempo, migliorare la comunicazione e fare cose che prima sembravano fuori portata. Non ti sostituisce. Ti affianca. Un po’ come un collaboratore silenzioso, ma molto veloce e senza pause caffè.

Conclusione (ovvero: perché dovresti restare curioso)

L’intelligenza artificiale non è un’entità misteriosa venuta dal futuro. È uno strumento – potente, certo – ma pur sempre uno strumento. E come tutti gli strumenti, il suo impatto dipende da come lo usiamo.

Non serve essere esperti. Basta essere curiosi. Inizia a esplorare: prova una delle tante app disponibili, leggi qualcosa in più sull’argomento, o anche solo chiedi a ChatGPT o Gemini di spiegarti una ricetta o aiutarti con un testo.

Capire cos’è davvero l’intelligenza artificiale è il primo passo per usarla bene. E magari per scoprire che, dietro le sigle e le notizie allarmistiche, c’è anche un mondo interessante, utile e – perché no – divertente.

E poi vuoi mettere la soddisfazione di spiegare al tuo amico al bar che sì, l’AI la usi anche tu?

Dimenticavo…

Ah, quasi dimenticavo: questo articolo che hai appena letto è stato scritto dall’intelligenza artificiale. Già, proprio lei! Nessun redattore chiuso in soffitta con una tazza di caffè e il blocco dello scrittore.

Ma… calma: non è che l’AI si sia svegliata stamattina dicendo: “Oggi voglio illuminare l’umanità sulla mia stessa esistenza.” No. Qualcuno (un umano in carne, ossa e Wi-Fi) ha avuto l’idea, ha deciso il titolo, ha scelto cosa raccontare e – soprattutto – ha dato istruzioni precise. Non è bastato un click magico: ci sono voluti diversi prompt, aggiustamenti, richieste mirate. Come quando spieghi a un collega cosa deve fare, solo che questo collega scrive a 300 parole al minuto e non si offende se gli dici che il paragrafo fa schifo.

Il risultato? Un articolo che sarebbe costato ore di lavoro, ottenuto in molto meno tempo. Senza sacrificare chiarezza, contenuto e – speriamo – anche un po’ di stile. Ed è proprio questo il punto: l’AI non ruba il mestiere, ma dà una mano. Non sostituisce la creatività, la guida; la potenzia. È un assistente instancabile, preciso, collaborativo. E se usato con intelligenza (umana), può diventare il miglior collega che tu abbia mai avuto.

Tranne forse per il fatto che non offre mai il caffè.